Concerti per artiste donne? La parabola del Lilith Fair

L’idea di un festival aperto a sole performer donne oggi da un po’ sorridere, ma trent’anni fa circa si ritenne che fosse l’unica soluzione per permettere a talenti marginalizzati di potersi esibire dal vivo con la stessa visibilità degli uomini: per questo motivo era nato il festival Lilith Fair, creato da Paula Cole (allora in tour con Peter Gabriel, ma nota da noi per aver cantato la sigla di “Dawson’s Creek”) e dalla cantautrice Sarah McLachlan.

Un bel gioco dura poco

Il Lilith Fair volle essere una provocazione, creato inizialmente per costringere radio e tv nordamericane ad abolire l’assurda regola per cui non si potevano passare due pezzi di fila entrambi cantati da donne: anche questo dovrebbe far sorridere, per la sua assurdità. Le due cantanti non immaginavano, forse, di aver centrato un target ignorato altrimenti dai media: alla fine degli anni Novanta il Lilith Fair divenne il festival più remunerativo della storia.

In ultima analisi creò troppe divisioni e marginalizzazioni e il suo concept venne mandato in pensione, in quanto rischiava di creare gli stessi ghetti contro i quali voleva protestare. Come atto dimostrativo ebbe non solo successo, ma diede il successo a una generazione di artiste che altrimenti non avrebbero avuto una piattaforma dalla quale proporre le proprie creazioni. Fra queste Missy Elliott, Fiona Apple, Tegan & Sara… solo alcune delle cantanti oggi di primo piano che ebbero una prima piattaforma proprio in quella dimensione festosa e itinerante, lontana dalle convenzioni.